Anche se l’eziologia esatta di questa patologia è sconosciuta, i traumi da parto , le infezioni ,i disturbi metabolici,sono tra i fattori favorenti, e si ritiene che i bambini nati prematuri e con basso peso alla nascita abbiano un maggior rischio.
La sintomatologia è molto varia, anche in funzione dello specifico tipo di paralisi cerebrale, ma in genere comprendono: eccessivo tono muscolare, che causa spasmi e rigidità; insufficiente tono muscolare, che rende gli arti inferiori deboli e rilassati; disturbi dei riflessi, della coordinazione e dell’equilibrio.
In alcuni bambini si osservano inoltre ritardi nello sviluppo mentale, convulsioni, disturbi della vista, arti troppo corti, scoliosi (curvatura anomala della spina dorsale), problemi dentali, perdita parziale o completa dell’udito.
Nella forma spastica, la più comune della malattia, i muscoli sono molto rigidi, gli arti superiori e inferiori sono contratti, il movimento risulta perciò difficile.
Se la malattia riguarda entrambi i lati del corpo (diplegia spastica), la rigidità dei muscoli del bacino e delle gambe costringe queste ultime a ruotare verso l’interno fino a portare le ginocchia a contatto durante la deambulazione.
Se invece la malattia ha aggredito solo un lato del corpo (emiplegia spastica), solitamente il braccio è più gravemente compromesso della gamba. Se tutti gli arti e il tronco sono coinvolti (quadriplegia spastica), sono compromessi anche i muscoli della bocca e della lingua.
Nella forma atetoide (o discinetica), il tono muscolare è invece insufficiente, tutti i movimenti del corpo sono incontrollati, e il bambino non riesce a sedersi dritto o a camminare.
Nella forma atassica sono compromessi le percezioni profonde e l’equilibrio, il coordinamento è scarso, la camminata incerta ed è difficile compiere movimenti precisi come per esempio usare una matita o allacciare una camicia.
Nella forma mista, infine, sono presenti i sintomi delle forme spastica e atetoide, alcuni muscoli sono eccessivamente contratti, altri eccessivamente rilassati, e la rigidità si accompagna a movimenti involontari.
Ruolo del chirurgo ortopedico infantile è di seguire l’andamento dalla patologia,prevenire ulteriori deformita’ mediante tutori e fisiokinesiterapia,intervenire chirurgicamente per correggere deformita’esistenti e prevenirne altre,favorire la posizione eretta e la deambulazione,favorire la massima autonomia del bambino e l’igiene personale.
Le possibilità di intervento chirurgico sono molto numerose, si può intervenire solo sui muscoli mediante allungamenti,sui tendini con le trasposizioni tendinee, sulle articolazioni ed infine sulle ossa mediante osteotomie. L’intervento va eseguito precocemente al primo instaurarsi di una alterazione della catena motoria per evitare un peggioramento ed una strutturazione della deformità.
Chirurgia ortopedica degli arti inferiori nella paralisi cerebrale
Da cosa è causata l’alterazione ortopedica agli arti inferiori?
Principali tipi di alterazioni ortopediche
Alterazioni dell'articolazione coxo-femorale
Immagine 1:
retrazione muscoli psoas e adduttori
Immgine 2:
sublussazione e lussazione competa dell’anca
Alterazioni del ginocchio
Immagine 1:
ginocchio varo
Immagine 2:
retrazione del quadricipite
Alterazioni del piede
Immagine 1:
piede equino
Immagine 2:
piede equino abdotto e adotto
Immagine 3:
deformità in griffe delle dita
Tipologie di intervento chirurgico ortopedico
Allungamenti tendineie miofasciali, tenotomie complete per ristabilire quanto più possibile l'equilibrio tra gruppi muscolari e annullare le retrazioni.
Trasposizioni tendinee per modificare la funzione di un tendine cambiando la sua inserzione es. Trasposizione tibiale anteriore-splatt, trasposizione tibiale posteriore su anteriore, trasposizione epa su primo metatarso (jones).
Osteotomia e interventi sull'osso per modificare una deformità strutturata non riducibile, es. Osteotomia medio-tarsica, osteotomia di calcagno, ancoraggio di rotula
Finalità del trattamento
Non è solo la deambulazione il fine da raggiungere in ogni bambino con paralisi cerebrale in quanto la capacità di deambulare è altamente dipendente dal tipo della lesione, se un bambino a 6-7 anni non è autonomo nella deambulazione è improbabile che lo sia da adulto. Il fine è quello di rendere il più possibile fisiologici i movimenti articolari, evitare la strutturazione di deformità, favorire l’uso dei tutori, calzature, igiene personale e garantire oltre alla deambulazione quando è possibile, la miglior posizione seduta, in carrozzina, a letto. E comunque garantire la massima autonomia di movimento e della normale vita di relazione.
Quando intervenire?
è un problema non risolto di ogni team medico che si interessa di patologie neuro-ortopediche: è meglio intervenire al primo manifestarsi dell’alterazione? Aspettare che la deformità si strutturi? A che punto della crescita? Il chirurgo ortopedico non è che un membro del team multidisciplinare coinvolto nel trattamento del bambino affetto da paralisi cerebrale (urologo, nch, fisioterapista, fisiatra, psicologo, pediatra). A decidere il tipo e il momento dell’intervento deve essere quindi il team stesso, la famiglia, ma soprattutto il bambino stesso che manifesta le sue reali esigenze.
Nella mia personale esperienza mi attengo ai seguenti concetti:
1-concetto di chirurgia precoce mininvasiva (interventi multipli durante la crescita che evitino di arrivare a deformità strutturate)
2-concetto di miglior rapporto costo biologico-beneficio nella scelta ( ad esempio evitare complessi, rischiosi interventi di artrodesi per raggiungere piccoli miglioramenti).